In volo con Leonardo fra Fisica e Metafisica
Ci sono spettacoli, che rischierebbero di essere liquidati sotto la sbrigativa etichetta di “teatro ragazzi” – che, nell’immaginario collettivo, è solo un modo, un po’ meno interattivo e virtuale, per intrattenere i piccoli. Poi capita di non vergognarsi di sedere accanto a loro e, come loro, di trovarsi a spalancare gli occhi di fronte a spettacoli nel senso vero e forte del termine.
Già, perché, se una cifra caratterizza il teatro in quanto tale, è proprio l’implicito patto col pubblico, che consente di credere vero ciò che è evidentemente frutto di artificio. Così – lo teorizza in modo dichiarato lo stesso mattatore in scena –, espressamente accade ne “Il codice del volo” di e con Flavio Albanese.
“Il codice del volo” non è solo una biografia del multidisciplinare genio Leonardo Da Vinci.
Al tempo stesso narrazione, racconto, fabulazione, intrattenimento, sì, e fascinazione, questo lungo monologo, che ci accompagna per il tempo quasi di una partita di calcio, è tributo alla sconvolgente modernità di un uomo vissuto oltre cinquecento anni fa. Lo dice espressamente, Flavio Albanese, nel fulmineo graffiante paragone con Michelangelo. Dice della differenza fra l’artista, che può permettersi di investire tutto il suo tempo nella sublime e titanica impresa di affrescare la Cappella Sistina e del genio, costretto – ma forse più dalla vivacità del suo spirito dal muti forme ingegno, che non dalla sua pur storica condizione di precariato – a muoversi in direzioni differenti.
Lo chiama pensiero sistemico, Flavio Albanese, nel raccontarci di un uomo a tal punto incentrato sul presente empirico, da riuscire a intravvedere le risonanze fra aspetti di cose apparentemente irrelate e lontanissime. Così aria e acqua sono la stessa cosa, per lui – si tratta giusto di una differenza di densità, sì, ma è proprio a partire da questa che inaugura i suoi studi sul volo – e un sottile fil rouge è quello che corre fra l’occhio e la… gallina?! Da qui, l’intuizione che solo bollendolo, si potesse dissezionare l’occhio, per comprenderne struttura e funzionamento.
Forse solo boutades, peripezie del pensiero, per mantenere viva l’attenzione del giovane pubblico. Esempi, soprattutto, di come procedesse quella mente geniale, curiosa e attratta da tutto ciò che è misurabile e sperimentabile – l’anima: la sola cosa di cui, socraticamente, scelse di non parlare -, pur nella falsificabilità della prova empirica. Restava, questa, la sola evidenza – il solo ipse dixit -, di fronte alla quale il suo spirito indomito al fin s’inchinava – per poi, ricominciare, da capo, con altri studi ed altre ipotesi sperimentali.
Quel che ne scaturisce è una galoppata attraverso alcune delle imprese dell’ingegno di Leonardo.
Gigionescamente Albanese/Masino – al secolo Tommaso Masini, ovvero quell’allievo di Leonardo, che fu anima della macchina volante e a cui toccò l’onore e l’onere di sperimentare -, sembra raccontarci quasi solo di sonori fallimenti. Dalla macchina per il volo, miseramente rovinata al suolo, agli altrettanto fallimentari sistema antincendio nelle sforzesche cucine di Ludovico il Moro o delle chiuse per deviare il corso dell’Arno, fino alla fragilissima mistura dell’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, sembra tutto un sciorinare di intuizioni antesignane, ma dagli esiti rovinosi. Quel che di fatto fa è intrecciare un ordito, capace, in filigrana, di veicolare messaggi importanti – e non solo per i giovani.
Già, perché in un mondo competitivo e performativo come il nostro, che si muove alla velocità reattiva di un click e dove solo il risultato sembra essere valore assoluto, questo Leonardo mostra invece il valore dell’intuizione, della dedizione e del tempo. Verrebbe quasi da dire della lentezza nella sua accezione di otium, che non è il dolce far nulla, ma la libertà di concedersi il tempo necessario all’osservazione, allo studio e della sperimentazione. Il tempo, quale ingrediente irrinunciabile alla stessa stregua di tutto ciò che contribuisce all’agognata e più che legittima monetizzazione dell’invenzione. Il tempo, che è anche il respiro dettato nell’unità teatrale.
Differente, è il pensiero filosofico sotteso.
Non la prometeicità dell’individuo solipsisticamente misura di sé, ma la dimensione umanistica di un uomo, che può anche permettersi il lusso di sbagliare, in quanto anello di una catena pronta ad accoglierne e tesaurizzarne il contributo – foss’anche anche solo per via negationis. Così non è un caso che l’intuizione geocentrica di Leonardo, quasi un secolo prima della pubblicazione del copernicano “De rivolutionibus orbium coelestium”, passi sotto sordina – troppo vivo il ricordo di quel Giordano Brucio, sul cui nome Albanese argutamente ironizza.
In scena tutto questo è portato con una poesia, un’ironia e una leggerezza, capace di raggiungere i piccoli. Più facilmente portati ad immedesimarsi nell’allievo allegro e spiritoso, spontaneamente si specchiano nel suo non essere sempre in grado di capire al primo accenno il pensiero sistemico di un maestro geniale, sì, ma talvolta un po’ troppo svampito, serioso e ignaro di cosa sia l’ironia. E, però, Albanese, la usa a fitti strali contro quel pensiero oscurantista, che non perde occasione di bacchettare. Certo: chissà quanto di tutto ciò sarà fruibile per il pubblico più giovane…
Al tempo, stesso, però, quest’ordito politico, nel senso più alto che il termine riesce ad acquisire a teatro, sdogana lo spettacolo dall’essere rivolto a un solo pubblico bambino.
Dunque non una lezione di storia teatralizzata, per dir così, questo “Il volo di Leonardo”, ma un manifesto teatrale di cosa sia l’uomo.
“Un dio è l’uomo quando sogna, un mendicante quando pensa”, scriveva Hölderlin.
Qualcosa di simile affiora da questo atto di amore – all’uomo e al teatro – in questo spettacolo, condotto con ironia e leggerezza, con maestria e incanto, da un superlativo Flavio Albanese, che, come primo titolo, nel 2012, non a caso aveva scelto quello de “Il sogno di Leonardo”.
Se vi siete incuriositi, lo spettacolo sarà in cartellone al Piccolo Teatro di Milano ancora solo dal 23 al 24 di questo novembre 2019, in quel delizioso spazio raccolto, all’interno del monumentale Teatro Strehler, che si chiama “Scatola Magica”.