Lurex-alienazione ed altre piccole miserie dell’oggi
Sarà perché ad esserci passati attraverso, ci si ritrova appieno – i meccanismi, le dinamiche, le idiosincrasie di noi ‘generazione mille euro’, ad andar bene, spesso raggranellati in quei moderni opifici dell’alienzione che sono i call center… -; sarà per la bravura dei due attori – Simona Migliori alias ‘Cristina’ e Patrizio Luigi Belloli/Alex -, generosi nel declinare le compulsioni comportamentali di vite svuotate, approdate al cosiddetto ‘lavoretto’ di ripiego – “E, intanto, coltivo i miei sogni…”, ci si dice, all’inizio: ingoiando il rospo… -, che poi fatalmente s’insabbiano lì: nella routine depersonalizzante di giorni vissuti in day mode and night mode; sarà per la capacità di raccontarci – drammaturgicamente – tutto questo anche attraverso movimenti scenici ossessionati nel loro riproporsi – uguali a se medesimi eppure colorati dalle differenti temperie emotive, che il gioco trasversale della vita ordisce… -; sarà per tutto questo – e per altro ancora -, ma quel che ne risulta è una piéce coinvolgente, capace di mixare serio e faceto, squarci di confessione autentica – notevole, la scena della ‘confessione’ nel disperante baccano della discoteca: con le luci stroboscopiche che enfatizzano lo iato fra il fragoroso lacerante dolore della loro condizione umana e l’impalpabile realtà che, al contrario, sembra perder consistenza negli intermittenti ritmi ossessivi e depersonalizzanti – e lampi di trash – geniale e divertente il parallelo con la saga di “Dinasty”: che ufficialmente nessuno dei due vede, ma di cui entrambi conoscono a menadito gli intrecci…
E poi il tema dell’arrivismo – meglio: di come una piccola ‘variabile’ possa insinuarsi a spazzar via rapporti consolidati da una decennale ripetitività condivisa -, del tempo che passa – “Ho trentacinque anni…” e poi, ancora: “Quando lui mi ha lasciata… mi son specchiata nella vetrina del bar: ero una vecchia…” -, dell’isolamento di vite giocate di scatola – la position del call center – in scatola – non a caso, probabilmente, Alex vive in un monolocale: di venticinque metri quadri… -, in percorsi scanditi e precostituiti – gli stessi: ogni santo giorno… -, come automatizzati Miss Packmann, che non sanno che carpirla ad un differente videogame – la telenovela -, quella ‘favola bella’ “…che ieri m’illuse, che oggi t’illude…”. E poi tutto porta lì: all’amore; meglio: alla solipsistica proiezione di un ‘lui’ idealizzato – “Ma è tanto difficile trovarsi un uomo?”, fa eco, Cristina, alla domanda della madre all’altro capo della cornetta: “Sì…”, conferma con voce profonda ed una mimica corporea più che coerente, Alexis, dal suo idealmente attiguo loculo/appartamento-, che neppure vediamo, ma che è il reale agregatore -di sogni, energie, aspettative, ambizioni, rivalse… -, attorno cui tutto cortocircuita.
Bel lavoro, questo “Lurex” – testo di Simona Migliori e con la regia di Amedeo Romeo -, ancora in scena ai Linguaggi Creativi nel prossimo week end: godibile, ironico, scanzonato, divertente, ma che trasmette -in filigrana- lo sconcerto di un disagio -forse più che ‘generazionale’-, che non sopisce: né nelle risate di un pubblico numeroso e partecipe, né in quel sapiente misurare ritmi e pause -e non è sempre così semplice-, lasciando che tutto quel che si ha da dire affiori, coi giusti modi.
Unico appunto il finale: forse un po’ ‘sbrigativo’, a opinabile parer di scrive.