Milano Off Fringe Festival: due piccole gemme a IsolaCasaTeatro

Anche quest’anno, dal 26 settembre al 6 ottobre 2024, torna Milano Off Fringe Festival con un’edizione ogni volta più ricca. Così, per questo sesto anniversario, oltre ai 52 spettacoli per un totale di 208 repliche nei luoghi più disparati della città, la prima settimana ha già esaurito i 35 eventi dell’Off dell’Off. Ancora tantissimi, invece, gli appuntamenti di approfondimento, che ci aspettano al Village Off nel cuore pulsante di Milano Centrale.

Milano Off Fringe Festival: due piccole gemme a IsolaCasaTeatro

Fra le svariate proposte della prima settimana di programmazione, domenica 28 settembre, il Teatro/Spazio polifunzionale con opere d’arte contemporanea IsolaCasaTeatro, ha ospitato due piccole gemme: “The Sensemaker” di e con Elsa Couvreur e “Creaturamia…” di e con Marianna Esposito.

“The Sensemaker”, un divertissement per fermarsi a pensare

Rappresentato più di cento volte in sei lingue differenti e nonostante i quattordici premi internazionali collezionati, “The Sensemaker” di e con Elsa Couvreur a tutta prima si presenta come un divertissement. Forse un provino, forse un colloquio di lavoro, la giovane performer, in dichiarata tenuta da ufficio, interpreta un personaggio un po’ intimidito e un po’ spaesato dalla mono direzionalità della voce metallica di una segreteria telefonica. Alternandosi all’intramontabile “Inno alla Gioia”, le intima, quasi, di fare questo o di fare quello, senza nulla concedere all’umana molteplicità. Quel che ne vien fuori è, anzi tutto, un esilarante pezzo si comicità muta, tanto surreale, quanto capace di intercettare un’esperienza inevitabilmente occorsa a ciascuno di noi, contattando i vari numeri verdi alla ricerca di un’assistenza spesso filtrata dalle unilaterali indicazioni di un nastro registrato. Efficacissima, la mimica della Couvreur, che, al fisico asciutto e compostissimo della ballerina classica, affianca occhi enormi a spalancarsi esterrefatti o a roteare increduli nel difficilissimo tentativo di ricordare ed eseguire correttamente le sempre più complesse e astruse richieste dell’asettico speaker.

Inevitabile empatizzare e sorridere con lei; inevitabile non lasciarsi portar via dai suoi giochi pindarici, nel tentativo d’ingannar l’attesa e spezzare tensione e noia… Sì, ma poi tutto cambia – e quel ch’era iniziata come una bagatelle, smette i panni lunari del gioco, sia pur, a tratti, graffiante, per inaspettatamente metterci di fronte alla nudità delle nostre coscienze. E noi: cosa saremmo disposti a fare pur di raggiungere i nostri intenti? Fin dove saremmo pronti a spingerci, pur con tutte le remore del caso? Così il gioco si volge in micro dramma. La sua umanissima recalcitranza meravigliosamente traspare attraverso i gesti pur minimali e muti; e quella supplica degli occhi, al tempo stesso umanissima e disumana, si fa urgenza di fronte allo sguardo inevitabilmente voyeur del pubblico. Idea vincente, poi, è quella di affidarsi pressoché solo alla gestualità, giocando con le impostazioni linguistiche già normalmente previste nei vari alberi di navigazione dei numeri verdi. Questo, l’éscamotage le consente di travalicare i limiti della lingua, rendendo lo spettacolo fruibile ovunque.

Complici le luci e l’atmosfera surreale, verrebbe da chiosare: un piccolo meraviglioso Au clair de la Lune, per la rarefazione della temperie, ma capace, una volta guadagnato il pubblico, di aprirlo, pur sempre sdrammatizzando, alla riflessione sui limiti etici della propria ambizione.

“Creaturamia…”: una tenera  carezza su fragilità e fatica di vivere

Un paio d’ore più tardi, quello stesso agone era occupato da un altro monologo, che si preannunciava di ben diversa colorazione emotiva. Liberamente ispirato a “Caracreatura” di Pino Roveredo, fin da subito lo spettacolo, di e con Marianna Esposito, gioca con quella, che resterà la sua cifra distintiva. “Creaturamia…” è un omaggio a tutti i lottatori d’amore, si legge nel foglio di sala. In un’intervista la stessa autrice/attrice aveva spiegato: “Marina (la mamma coraggio protagonista, ndr)è eroica, perché si rialza sempre. La cosa sorprendente è che, se steste pensando a un personaggio alla Magnani o alla Melato, rimarreste spiazzati. Certo, la tempra è quella. Eppure la delicatezza (la grazia, quasi) di questa mamma dalla leggerezza bambina, rivela la lunga frequentazione, che l’attrice e la compagnia Teatring tutta possono vantare col teatro ragazzi.

Così fin dall’incipit. Eccola a terra – su una sedia rovesciata, ma con la visuale surreale della cinepresa, che filmi incurante della legge di gravità. Eppure le sue parole hanno un’eco poetica e la sua voce è cristallina nell’evocar le immagini belle dei giorni felici della sua infanzia… e poi dell’adolescenza, giovinezza, primo amore, matrimonio… fino alla nascita dell’amatissimo Gianluca.  Non smette di chiamarlo Creaturamia, per tutto il tempo della rappresentazione, nonostante i vertiginosi picchi drammatici della storia di dipendenza da eroina del giovane. Ce la racconta nella carnalità dell’azione scenica. La parola madre dice inevitabilmente corpo. E l’instancabile muoversi dell’attrice in scena restituisce, in modo quasi tangibile, le mille acrobazie e l’irrequietezza della genitrice, che non può arrendersi al mostro della tossicodipendenza, che rischia di divorargli il figlio. Così, il racconto della donna trascolora come in un flusso di coscienza quasi dimentico di un’effettiva consapevolezza delle sue eventuali responsabilità. Non è questo, del resto, l’oggetto del contendere. Non si tratta di mettere a processo chi, come e quando abbia sbagliato. La grande lezione, invece, sembra essere l’umanissima indulgenza verso le fragilità di tutti: quelle di chi si trovi inaspettatamente risucchiato nelle sovra umane spirali di una dipendenza, ma anche quelle di chi – ed i caregiver ben lo sanno -, disperatamente si batta per trarlo in salvo.

Ecco, in che senso, nonostante il tema trattato e la durezza drammatica di certi passaggi, “Creaturamia…” arriva come una carezza. È il tocco lieve della madre-bambina. È l’avvolgente impalpabilità della nuvola gonfia di pioggia, ma poi anche morbida e accogliente come l’abbraccio capace di dirci che, alla fine, andrà tutto “bene” – nonostante tutto.