NuoveStorie_ironiche Bandierine veleggiano verso… Nauru?
Penultima proposta di “Nuove Storie/Nuove Famiglie” 2018 è “Bandierine al vento”, al Teatro Elfo Puccini di Milano dal 15 al 17 maggio 2018. L’inedita commedia pop del drammaturgo tedesco Philipp Löhle gioca sulla triangolazione economia/società/famiglia; Evoè!Teatro la porta in scena con piglio grottesco e graffiante, quadri veloci e ritmi sostenuti, in cui aleggia il sorriso beffardo di chi sfogli un album di famiglia, sì, ma con mano ironica e dissacrante.
Già l’apertura è alla finto Mulino Bianco: una famigliola felice attorno al tavolo per la prima colazione eppure lo si intuisce subito che non è quella, la storia che ci verrà raccontata. Non c’è il profumo burroso dei cornetti appena sfornati, né l’atmosfera sognante e patinata della réclame nostrana. Al loro posto, invece, ci sono uno striminzito tavolino da campeggio, una mamma frustrata con tanto di vestaglia e vistosi bigodini, un papà un po’ sopra le righe in surreale salopette tirolese come del resto anche il figlio, un mocciosetto di neanche due anni, ma che battibecca ante litteram con la sorellina dagli occhiali over size; anche se sarebbe troppo piccolo per parlare, già blatera il suo proclama a non farsi una propria famiglia, da grande, snocciolando le sue catastrofiche visioni in proposito. Sembrano una caricatura da cartone animato o una di quelle famiglie da telefilm, che, mentre sgranocchia assordanti korn flakes, digrigna bonarie dinamiche di amore/odio e rivendicazione, rendendosi tanto simile alle famiglie della vita reale.
È una satira sociale del nostro tempo: millenovecento e qualche cosa, millenovecento e chessòio e poi dritti verso il nuovo millennio, puntualmente immortalati dal flash di fotografie, che ironicamente scattano nelle più improbabili delle circostanze. Eppure gli ingredienti sono sempre quelli: il lavoro, da cui dipendono anche gli esiti della micro cellula familiare – “come dividere il letto con una persona che ci ha buttati in mezzo a una strada in nome della sua coerenza?”, si giustifica, Petra, a proposito della sua richiesta di divorzio -, le dinamiche individualistiche dei quattro membri e un consenso sociale, che sembra pesare su ciascuno di loro più delle effettive condizioni economiche. Così, più importante del dispiacere del giovane Tim per non aver potuto andare in vacanza, a causa del licenziamento del padre, è la vergogna sociale che lo porta a rintanarsi in cantina: e se anche lì scoprirà la sua vocazione poetica, finirà comunque col nasconderla e rinnegarla, perché impopolare dunque inconfessabile; del resto lo stesso fanno i genitori, che, rimasti disoccupati in differenti fasi della loro esistenza, sembrerebbero investire più tempo a cercare posti defilati in cui ecclissarsi durante le ore lavorative, che attivarsi alla ricerca di un nuovo impiego. È proprio questo atteggiamento che li porterà a situazioni surreali ed esilaranti, la cui ferocia però mostrerà, a loro e a noi, a quanto basso costo siano svendibili gli ideali.
E che ne sarà di quella Nauru, minuscola isola autonoma spersa nell’Oceano Pacifico, a cui il giovane padre orgoglioso paragonava la sua famiglia?
L’ironia della scrittura traduce il tutto in una parodia bonaria, che clichettizza i protagonisti, appiattendone lo spessore psicologico ed esaltando invece l’elemento satirico a sfondo sociale. Il consumismo sfrenato e becero, ad esempio, viene deriso attraverso l’attività economica delle giovane Sybill, divenuta ingegnere ambientale nell’età degli ideali, ora creatrice di una linea di moda dai capi così esclusivi, da poter essere visti solo alla consegna, che la intrappola in un processo produttivo remunerativo, che però non le consente di avere una vita propria. In questa società/video game, in cui si muovono quest’improbabili non-eroi, pare che tutto ciò che non abbia un valore d’uso sia demodé e poco interessante e la solo cosa che conti invece sia la ricerca di un guadagno socialmente gratificante, ancorché inutile; capitò così anche alla vera Nauru, alla fine strozzata da una ricchezza senza limiti ingenerante acquisti senza senso. “Il paradiso rende grassi e diabetici”, sentenzierà il pater familias forse finalmente riscattato da questa trappola.
Drammaturgia interessante sia per la tesi socio-politica, sia, soprattutto, per i godibili picchi di assurdità a cui spinge i suoi non-sense, ottimamente interpretati da attori dalla mimica giustamente enfatizzata; eppure forse risulta un po’ troppo prolissa nell’inventarsi l’ennesimo colpo di scena in un percorso comunque tracciato e intuibile, che sceglie di mantenersi sulle corde leggere dell’ironia, senza virare verso un cambio di registro, che avrebbe potuto giustificare tempi più dilatati. Assolutamente godibile e ben portata in scena è la resa che ne propone la compagnia roveretana – Clara Setti, Silvio Barbiero, Marta Marchi ed Emanuele Cerra -, vivace ed inventiva nel dare corpo alle situazioni attraverso un turbinio di oggetti, abiti, coreografie, stacchetti, caratterizzazioni, mimica, prossemica, intonazione, vèrve e ritmo tali, che però non bastano a compensare la scrittura
Chiude la rassegna, “XY” di e con Emiliano Brioschi, in scena nel week end 18-20 maggio 2018.